La balistica terminale del 7,62 mm Tokarev

Pubblicato il 11 luglio 2025 alle ore 20:42

di Massei Luca

Nel mettere a confronto i risultati della simulazione della traiettoria del 7,62 × 25 mm Tokarev con le due diverse ogive, RN.FMJ e FN.SN.HP, emergono innanzitutto alcuni numeri che parlano più di mille parole. Se consideriamo un’altezza di volata di 1,5 metri e con un vento contrario di dieci chilometri orari, si stima che un colpo sparato perfettamente in orizzontale percorra, nel caso della Round‐Nose Full Metal Jacket, circa 191 metri prima di incontrare il terreno. La variante Jacketed Hollow Point, grazie a un coefficiente balistico G1 lievemente superiore (0,435 contro 0,427), riduce di meno la velocità residua e arriva a sfiorare i 192 metri, con una differenza di meno di un metro rispetto al proiettile tondo.

Queste cifre ci dicono che, fino a una distanza di circa 150 metri, l’effetto della resistenza aerodinamica — modellata con un coefficiente balistico costante e il contributo di un vento di tre metri al secondo opposto alla direzione di volo — si traduce in una perdita di velocità orizzontale di circa il 30 per cento rispetto alla quota iniziale. A 50 metri la velocità scende da 440 a 386 metri al secondo; a 100 metri a 343 m/s; a 150 metri a 314 m/s; infine a 200 metri a 293 m/s. Nel passaggio da 0 a 200 metri la riduzione di energia cinetica è ancora più marcata, da 532 joule iniziali a 236 joule, meno della metà del valore di partenza.

Osservando le curve di caduta si nota che il proiettile RN.FMJ, pur essendo leggermente più lento, descrive una parabola quasi sovrapponibile a quella della Hollow Point.  All’inizio il proiettile perde altez­za in modo trascurabile, meno di dieci centimetri ogni venti metri; a valle di cento metri la discesa si fa più rapida, raggiungendo quasi un metro ogni cinquanta metri, fino ad accelerare nel tratto finale verso i 191–192 metri in cui l’altezza diventa zero. Le differenze tra le due ogive sono minime: la FN.SN.HP, grazie al minor drag, mantiene pochi centimetri di altezza aggiuntiva lungo tutta la parabola, un vantaggio del tutto trascurabile se si considera la variabilità pratica di vento, temperatura o imperfezioni di mira.

Quando si cambia l’angolo di elevazione, naturalmente, cambiano notevolmente anche le distanze raggiungibili. A cinque gradi di innalzamento, entrambi i proiettili raggiungono un punto più alto di circa venti metri rispetto alla linea di mira iniziale, per poi ricadere a circa 579 metri nel caso della RN.FMJ e a 582 metri per la FN.SN.HP. Con dieci gradi, l’apice della traiettoria arriva oltre i sessanta metri di quota e la gittata massima supera i 680 metri, numeri che confermano come la leggera differenza di coefficiente balistico abbia un impatto trascurabile su angoli moderati: è l’elevazione a dettar legge, non la forma dell’ogiva, quando si spinge il colpo su percorsi parabolici lunghi. Accanto alla distanza di impatto, è utile considerare i dati di caduta a bersaglio: a 100 metri, la quota di caduta di un colpo orizzontale è di circa 50 centimetri; a 150 metri supera il metro e dieci; a 200 metri è prossima a un metro e mezzo. Di fatto, nel range operativo consueto, immagino che la scelta tra RN e HP si basa più sui tipi di ferita desiderati che su vantaggi balistici. La differenza di gittata, infatti, è pari a pochi decimetri a corto raggio.

Lungi dall’essere numeri fini a se stessi, questi dati servono a orientare decisioni pratiche. Un tiratore che opera entro i cinquanta metri può preferire la Hollow Point per l’espansione garantita. Un tiratore meno preoccupato dal danno terminale indotto, può mantenere il Round‐Nose per una traiettoria leggermente più tesa, con una maggiore precisione. Questa ricostruzione della traiettoria, e di tutto ciò che la precede (dalla misurazione alla modellazione di drag e gravità), regala un’immagine di precisione calibrata, capace di fare la differenza in scenari in cui la vita umana può dipendere da una frazione di secondo e da un metro di spostamento.

Quando un proiettile abbandona la volata dell’arma e colpisce il corpo umano, ciò che accade non è semplicemente una perforazione meccanica, ma un complesso intreccio di onde d'urto, compressioni e distruzioni tissutali che si sviluppano in istanti tanto rapidi quanto letali. Nel passaggio successivo, vale la pena di considerare come due varianti di ogiva del 7,62 Tokarev—la classica RN.FMJ e la più moderna FN.SN.HP—si comportino una volta varcata la soglia della pelle, trasformando la loro energia residua in ferite e cavità.

Abbiamo già visto che a cento metri il Round‐Nose conserva circa 343 metri al secondo e 323 joule, e a duecento metri scende a 293 m/s e 236 joule. La Hollow Point, pur condividendo la stessa massa e lo stesso slancio iniziale, vanta un lieve vantaggio aerodinamico dopo l’espansione, ma rimane anch’essa intorno a quei valori di energia cinetica. Ciò che cambia, e di molto, è il modo in cui quell’energia viene ceduta ai tessuti molli.

Il primo fenomeno di cui si parla è la cavitazione temporanea, quell’onda d’urto che si irradia dal percorso del proiettile come cerchi concentrici nell’acqua: una dilata­zione rapida dei tessuti intorno al canale di passaggio, seguita da un collasso. Nel caso del RN.FMJ, la cavità massima supera i venticinque centimetri di diametro a bocca di volata. Questo valore non è una stima sommaria, bensì il risultato di misure su gelatina balistica calibrata al dieci per cento, una sostanza che mimetizza con buona approssimazione il comportamento delle carni umane. Man mano che la velocità e l’energia si riducono (dopo cinquanta metri scendiamo a circa ventidue centimetri, a cento metri a ventuno), la cavitazione si contrae ma rimane sempre un fenomeno di vasta portata, capace di danneggiare organi vicini a decine di centimetri dal canale.

La FN.SN.HP, pur muovendosi con velocità quasi identica, mostrerebbe una cavitazione temporanea pressoché sovrapponibile a quella del RN.FMJ, perché l’onda d’urto dipende essenzialmente dall’energia cinetica residua e non tanto dal profilo dell’ogiva. Quello che cambia sono i tempi di rilascio della energia cinetica che nel caso della HP sono molto più rapidi, fattore che incide nel comportamento della cavità permanente, ossia nel volume di tessuto che rimane distrutto dopo il passaggio e il parziale collasso della cavitazione. A questo punto la differenza tra un Round‐Nose e un Hollow Point si fa tangibile. Il canale permanente creato dalla RN.FMJ è una fenditura stretta, del diametro del proiettile: circa 7,8 millimetri costanti in ogni caso, indipendentemente dalla distanza. Ciò rende le ferite prodotte da questo tipo di ogiva più facili da suturare nel caso in cui il proiettile non fuoriesca, e allo stesso tempo più soggette a pass‐through, ovvero l’uscita dell’ogiva dal lato opposto del corpo, con ferite d’entrata e uscita.

La FN.SN.HP, invece, esprime tutto il senso per cui è stata concepita: il suo corpo si apre come un fiore di piombo nella carne, generando un canale permanente che può arrivare a undici‐dodici millimetri di diametro a bocca di volata, riducendo progressivamente l’espansione fino a circa nove‐dieci millimetri a distanza. Nel dettaglio, le stime ottenibili indicano che a zero metri la ferita permanente di una FN.SN.HP può superare gli 11,7 millimetri. Nel complesso, la ferita rimane più larga, meno penetrante e poi si arresta probabilmente prima di perforare l’altro lato, riducendo il rischio di trapassare il corpo ma aumentando la distruzione locale di tessuto.

Ulteriore aspetto cruciale è la penetrazione ossea. Un proiettile che attraversa soltanto la carne e gli organi può proseguire come un bisturi, ma se incrocia coste, scapola o mandibola, quel contatto improvviso può fermarlo, farlo deformare o spezzarlo, generando schegge ossee secondarie. Nel caso della RN.FMJ, la corazzatura consente di perforare fino a ventidue millimetri di osso corticale a zero metri, un valore che cala gradualmente a circa dieci millimetri a duecento metri, anche se a questa distanza possiamo paralere di "colpo vagante".  Questa capacità fa sì che in un impatto diretto con la gabbia toracica il proiettile superi spesso le coste o si incastri, ma con energia sufficiente a fratturarle e a entrare nella cavità pleurica.

La FN.SN.HP, invece, indebolita dai petali di espansione, si trova a fare i conti con un’area maggiore che riduce la pressione al penetrare l’osso. Le misure indicano una capacità di penetrazione ossea massima di circa dieci millimetri a bocca di volata. Nella pratica, ciò significa che se l’Hollow Point incontra una costa, molto spesso si schiaccia, si arresta o devia, mentre la FMJ tende a perforarla in toto. Questo fenomeno ha risvolti concreti: un proiettile che rimane incastrato in un osso può causare un trauma osseo locale, creare superfici frastagliate e provocare ulteriori lesioni di frammenti ossei che possono lacerare organi vicini.

Mettendo insieme questi tre elementi—cavitazione temporanea, cavità permanente e penetrazione ossea—si delinea un profilo chiaro del danno terminale. Il Round‐Nose genera onde d’urto e attraversa il corpo con una perforazione lineare, con danni distribuiti su un percorso lungo e stretto. È preferibile quando l’obiettivo è garantire pass‐through e massima gittata, perché la ferita, pure meno ampia, rimane profonda e letale in base alla zona colpita. L’Hollow Point, viceversa, crea una ferita più larga, trasferisce l’energia in un volume di tessuto più concentrato e riduce la probabilità di exit wound: viene scelta quando si vuole massimizzare il danno interno, limitare la dispersione del proiettile. 

In sintesi, l’analisi dei danni terminali del 7,62  Tokarev mostra un gioco di compromessi: energie e precisione aerodinamica si uniscono a meccaniche di deformazione e a interazioni con l’osso, dando forma alle ferite che un proiettile può infliggere. Il Round‐Nose rimane l’architrave delle munizioni classiche, con passaggi netti e prevedibili, mentre la Hollow Point introduce un elemento di espansione che cambia le regole del contatto con i tessuti a causa della variazione di densità sezionale. Entrambe le soluzioni, pur basate sugli stessi dati di velocità ed energia, offrono esperienze terminali radicalmente diverse, e la scelta fra le due diventa un atto consapevole che va ben oltre la semplice geometria del proiettile.

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